Inizio contenuto principale del sito

  • Ateneo

Equità e valorizzazione del merito per l’Università, proposta di legge firmata da quattro docenti tra i quali Emanuele Rossi

Data pubblicazione: 25.06.2012
Back to Sant'Anna Magazine

Arriva da quattro docenti universitari, fra i quali Emanuele Rossi, Ordinario di Diritto Costituzionale e Direttore dell’Istituto Dirpolis (Diritto, politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna una proposta di legge intitolata “Per la valorizzazione della responsabilità educativa e sociale, della capacità e del merito nell’università e nella ricerca”, spedita in questi giorni al Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo, e adesso presentata alle “adesioni”, ma anche alle “critiche” – come precisano gli estensori - delle componenti coinvolte, in primo luogo docenti, ricercatori e soprattutto studenti, della cui figura viene ribadita la centralità nel sistema universitario.

Oltre ad Emanuele Rossi il testo è firmato da Giampaolo Azzoni (Università di Pavia, Collegio “Borromeo”), da Paolo Leonardi (Università di Bologna, Collegio Superiore), da Stefano Semplici (Università di Roma “Tor Vergata”, Collegio “Lamaro Pozzani”), docenti la cui attività avviene in strutture universitarie collegiali che ospitano allievi di talento e meritevoli. Non a caso, una delle ragioni - forse la principale - che hanno spinto i docenti a scrivere la proposta di legge è il confronto che, nella lettera di accompagnamento, essi stessi definiscono “dai toni decisamente aspri, sui provvedimenti annunciati dal Governo per la valorizzazione delle capacità, del merito, della responsabilità educativa e sociale nella scuola e nell’università”.

Nei docenti firmatari è forte “la convinzione che la contrapposizione fra equità e merito non è soltanto sbagliata, ma è dannosa per l’Italia e in particolare per chi ha bisogno di maggiore aiuto per far fiorire il talento. Se la qualità non è diffusa, si inaridisce il terreno sul quale, offrendo a tutti la possibilità di crescere, cresceranno anche coloro che sono capaci di arrivare più lontano. Se la possibilità di percorsi di vera eccellenza – aggiungono - non viene coltivata dentro la filiera dell’educazione che è per tutti e di tutti, essa diventerà un bene ad accesso riservato, per giunta riservato a chi può permettersi di pagarlo”.

In relazione alla proposta del Ministro Profumo, i firmatari sottolineano come la loro “non sia in contrapposizione, anzi come “riprenda molte idee che già lì erano state espresse”, aggiungendo considerazioni “non rivoluzionarie, ma certamente di buon senso”. Equità e merito possono e devono andare di pari passo, ad esempio riservando una forte attenzione al tema del diritto allo studio perché, ecco uno dei passaggi chiave, “far fiorire il talento, sia chiaro dentro l’università di tutti, è interesse e porta giovamenti a tutto il Paese”.

Entrando nel merito della proposta, essa ruota attorno ad alcuni concetti e principi basilari, quali l’ “ampliamento di un’offerta formativa di qualità per tutti gli studenti”, la “centralità della didattica, nella sua unità con l’attività di ricerca, nella consapevolezza che tale centralità viene erosa nel momento in cui tutti gli incentivi di sistema si concentrano sulla valutazione dell’ ‘impact factor’, con poca o nessuna attenzione per l’impatto dei comportamenti dei docenti sui giovani che entrano in un’aula per seguire un corso”. Questo è un punto che sta particolarmente a cuore agli estensori e che è messo anche in relazione alla creazione del “garante degli studenti”. Infatti, tutti gli indicatori di produttività, legati all’attività dei docenti, si concentrano più sulle pubblicazioni che sulla didattica, con risultati che possono apparire paradossali. Un esempio, sia pure semplificato? Un docente che abbia pubblicato due libri e che non sia stato presente con regolarità a lezione o al ricevimento può essere considerato “più produttivo” rispetto a chi abbia ne scritto uno soltanto, ma svolgendo lezioni e seminari e ricevendo gli studenti senza interruzioni, magari non annunciate. Didattica e ricerca devono andare di pari passo e l’una si deve arricchire con l’esperienza dell’altra.

Resta il fatto che, per garantire una didattica di qualità e un’università di qualità che – nel garantire a tutti pari opportunità – sappia valorizzare i talenti, c’è bisogno di risorse. Economiche prima di tutto. In un momento di crisi com’è l’attuale dove individuarle? “Abbiamo provato a presentare – commentano i firmatari – idee nuove, come quella di destinare al fondo per il merito e per il diritto allo studio, quindi agevolando potenzialmente tutti gli studenti, una parte di ciò che lo Stato ricava dal gettito fiscale per i contratti di affitto degli studenti fuori sede”, talvolta oggi pagati al nero. Se tutti questi contratti uscissero allo scoperto, secondo i firmatari, si renderebbero disponibili “decine di milioni di euro”.

Una parte viene dedicata al reclutamento dei docenti e in particolare alle “procedure di selezione” che devono essere “davvero trasparenti e rigorose” e che, “seppure nella consapevolezza che non possono esserci garanzie automatiche di scorrimento verso l’alto nella carriera universitaria”, siano tali da “evitare sacche di precarietà senza speranza”. Difficile in queste affermazioni non vedere un riferimento ai Ricercatori a tempo determinato, figure per le quali la precarietà è una condizione che potrebbe essere ridotta, ad esempio prevedendo per loro una “riserva del 10 per cento dei posti nei concorsi a cattedra per le scuole primarie e secondarie”.